Mille anni di storia camaldolese negli archivi dell'Emilia Romagna
Per uno di quei paradossi da cui non va certo esente la storia di quelli che la terminologia ecclesiastica della Chiesa romana definisce “Istituti di perfezione”, ossia il vasto mondo degli ordini religiosi, anche il movimento camaldolese, scaturito dalla ricerca d’assoluto di Romualdo da Ravennae dei suoi discepoli, nella solitudine remota delle foreste e dei monti, si è rivelato, nel tempo e nello spazio, di un’eccezionale fecondità sul piano della scrittura o più precisamente, giacché queste righe aprono una riflessione in tema di archivi, delle scritture. Se, infatti, il padre degli “eremiti razionali” – come lo definisce san Bruno Bonifacio – non ha lasciato la minima testimonianza scritta della sua singolare opera di fondatore e di riformatore, le molte generazioni di eremiti e di monaci che ne hanno perpetuato il carisma, avrebbero prodotto una mole davvero impressionante di documenti. Alle origini degli archivi camaldolesi, come degli altri, profani ed ecclesiastici, vi sono chiaramente ragioni di pratica utilità, il bisogno cioè di conservare, contro sempre possibili contestazioni, i documenti relativi alla fondazione di eremi e monasteri, nonché i privilegi e le donazioni posteriori, oltre alle prove scritte e tangibili dei vari atti interni della vita delle comunità, secondo la tradizione benedettina la quale prescrive di custodire le petitiones composte dai monaci all’atto della loro professione. Accanto ad esse, sempre in ossequio ad una disposizione della Regula Benedicti, dovevano essere redatti e conservati gli elenchi dei beni e delle suppellettili amministrati, per mandato dell’abate, dai singoli monaci. La formazione del patrimonio archivistico camaldolese appare legata pertanto – sia sotto l’aspetto organizzativo e gestionale, sia sotto quello del suo utilizzo culturale – allo sviluppo dell’ordine, nonché alle crescenti e sempre più complesse relazioni con le realtà civili e religiose del territorio. Territorio che coinciderà inizialmente con quello aretino e toscano, poi con quello di altre regioni dell’Italia centrale e settentrionale e, finalmente, anche con vari spazi europei dall’Atlantico fino al Baltico, grazie all’imprevedibile ed eccezionale vitalità della Congregazione detta di Monte Corona, sorta nel Cinquecento.
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