Titolo : Un florilegio trobadorico recuperato
Anno : 2012
Pagine : 45
14,00 

Luca Morlino

L’articolo riporta alla luce un piccolo florilegio trobadorico di cui Pio Rajna diede un’edizione soltanto parziale nel 1878 e che è rimasta pressoché sconosciuta ai provenzalisti. Il florilegio occupa il f. 43 del ms. N 168 Sup. della Biblioteca Ambrosiana di Milano, un codice miscellaneo plurilingue copiato in Italia settentrionale tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo. La sezione provenzale consta di quarantuno estratti trobadorici di estensione variabile tra uno e quattro versi, e costituisce pertanto una tappa ulteriore, e quindi tanto più interessante, del processo di scomposizione del testo lirico che negli altri florilegi conservati invece rispetta, salvo poche eccezioni, l’unità della cobla. L’edizione diplomatica integrale del florilegio è preceduta dalla descrizione del manoscritto e seguita dal necessario corredo di note, dedicate all’identificazione dei singoli estratti e alla loro collazione con gli altri testimoni, e infine da un primo tentativo di analisi complessiva del nuovo reperto.

This essay deals with a small florilegium of Troubadour lyric which was first partially edited by Pio Rajna in 1878 and then fell into oblivion, to the point that it is now almost unknown to most scholars. The florilegium occupies folio 43 of a miscellaneous and multilingual manuscript from the Ambrosiana Library, in Milan [= N 168 Sup.], which was transcribed in Northern Italy between the end of the thirteenth and the beginning of the fourteenth century. The Provençal section of the manuscript consists of 41 short excerpts (whose length varies from one to four verses, while in the other florilegia the unity of the cobla is usually not affected) from Troubadour lyrics. Our diplomatic edition of the florilegium is introduced by the codicological description of the Ambrosiana manuscript and accompanied with textual notes in order to identify the lyric excerpts. The analysis of these fragments in relation to their manuscript tradition allows us to formulate new general conjectures on the structure and trasmission of our manuscript witness.

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