Letture e commenti, storie di varianti e di attribuzioni, piccole scoperte tra l’inedito e il raro, discorsi e scritti d’occasione che uniscono all’elemento rievocativo il momento riflessivo ed analizzante: vuole essere, questa, la campionatura di una ricerca, di un’attività non omogenea ma assidua, la quale ha preso le mosse dagli anni degli studi universitari e trovato suggestione e conforto in quel grande archivio d’immagini, memorie e documenti che è in Bologna la Casa di Carducci, tra le Mura Mazzini e via del Piombo. Questa piccola silloge può forse bastare a far apparire il suo autore vicino al sentire di una o più generazioni anteriori alla sua: e ciò può essere vero, soltanto se sia vero che l’oggidì si riconosce estraneo alla parola di Carducci e che tutta una nuova generazione di studiosi, ove le occorra occuparsi di Carducci, si sente subito chiamata a misurarsi polemicamente con gli studiosi che l’hanno preceduta. Di fatto l’autore, oltre a giudicare altissime le qualità di Carducci prosatore, critico, lettore, commentatore, editore, si rifiuta di deprimere la poesia carducciana rispetto alla prosa, di ridurre a una manciatella le poesie carducciane accettabili e difendibili, trovandosi per esempio d’accordo con i critici che fino agli anni Quaranta e Cinquanta non hanno esitato a definire un capolavoro Faida di comune; e reputa pregiudizi e puntigli le perentorie e indiscriminate accuse di arretratezza, provincialismo, involuzione politica e insieme poetica, gravame retorico, ostruzione al “moderno” lanciate ai nostri giorni contro Carducci con una certa frequenza. Interrogativi, spunti di pensiero che hanno costeggiato lo svolgimento dei convegni di studio e la pubblicistica del centocinquantenario della nascita di Carducci, dove si veniva scoprendo un certo Novecento serenamente critico il quale nelle sue procedure di verifica della storia e della storicità di uno scrittore pur si confrontava con le generazioni anteriori senza pregiudizialmente respingerne o ripeterne detti e atti. In verità, mentre coglieva o confermava limiti, carenze e dissonanze del pensiero e dell’arte di Carducci, e mentre per altro verso allargava l’attenzione agli impulsi ed effetti della lingua poetica e della versificazione carducciana nella susseguente trafila letteraria d’Italia, questa critica di fine Novecento ha di massima rinverdito e modificato la nozione mitologico-riduttiva del “poeta professore” in quella, attiva e positiva e di chiara voce carducciana, del “grande artiere”, dell’artigiano o dell’operaio della letteratura, sapientissimo tessitore di rapporti fra individualità e tradizione, fra aulico e popolare, fra storia e forme d’arte, infaticabile animatore e produttore di cultura: implicitamente verificando la storicità di Carducci non già nel partito meramente espressivo di un’opera conchiusa, adagiata entro la cornice della società e del gusto di medio o tardo Ottocento, ma anzi nel ruolo creativo, pedagogico di un rinnovato umanesimo, nel valore e vigore di un magistero esemplare, rimasto insuperato, certo irripetibile e però tanto efficace e fecondo nella storia civile della nuova Italia.
Autore/Autrice :
Mario Saccenti
Titolo :
Il grande artiere
Sottotitolo :
Commenti e documenti carducciani
Collana :
Il vaglio
ISBN :
9788870001563
Pagine :
184
Uscita :
1991
Formato:
13 x 21
24 disponibili