Nell’ambito degli studi storici sullo sviluppo delle scienze della Terra nella seconda metà del Settecento il nome di Spallanzani ricopre un ruolo di primo piano, soprattutto in relazione alle sue osservazioni sui depositi stratificati calcarei ed alle sue ricerche di vulcanologia connesse a varie sperimentazioni sulla fusione delle rocce, Se tuttavia gli studi vulcanologici dello scienziato scandianese hanno ricevuto maggiore attenzione, anche in seguito alla fortuna europea dei Viaggi alle Due Sicilie ed in alcune parti dell’Appennino (d’ora in poi Viaggi), non altrettanto si può affermare a proposito della sua riflessione litologico-stratigrafica o delle analisi chimico-mineralogiche sulle rocce. Queste ultime meritano indubbiamente uno studio interdisciplinare approfondito, al fine di evidenziarne le complesse caratteristiche in relazione ad un contesto di studi specializzati che solo da qualche tempo si è imposto all’attenzione degli storici della scienza. Tra i principali aspetti metodologici della ricerca geologica spallanzaniana emergono infatti sia il ruolo dell’indagine sul campo, resa possibile dalla sistematica organizzazione di viaggi scientifici, sia il ruolo del lavoro in laboratorio, strettamente legato agli esperimenti già eventualmente realizzati sul terreno ed alla raccolta di campioni geo-mineralogici. Il metodo di Spallanzani consisteva nell’associare le osservazioni ed i dati raccolti sul terreno con diversi e reiterati tentativi di ripetere alcuni fenomeni naturali in laboratorio, come, ad esempio, il processo di fusione di una roccia all’interno di un vulcano. Se la funzione essenziale del laboratorio è naturalmente evidente anche nelle ricerche biologiche e chimiche dello studioso scandianese, va poi ricordato che la pratica del viaggio scientifico era a sua volta ritenuta indispensabile non solo per la ricerca geologica, ma anche per studi di zoologia e botanica. A partire dalla fine degli anni Settanta, Spallanzani aveva iniziato ad adottare sempre più sistematicamente lo “strumento” del viaggio, inteso come vero e proprio laboratorio di esperienze scientifiche, anche per studiare le caratteristiche inorganiche della superficie terrestre. Si trattava di un viaggio di tipo essenzialmente naturalistico, dove coesistevano osservazioni botaniche, zoologiche, geologiche ed antropologiche. Gli appunti manoscritti relativi a queste “filosofiche escursioni” testimoniano infatti un approccio volutamente eclettico, che permetteva a Spallanzani di alternare, ad esempio, annotazioni specifiche sulle strutture geologiche e sulle miniere visitate presso il lago di Como con osservazioni anatomiche su vari esemplari di “salamandre terrestri” prelevate in loco, oppure di interrompere l’esame dettagliato degli strati rocciosi intorno a Portovenere con brevi digressioni sulle “lucciole marine”, sui “gamberi” e sui “ricci marini” individuati sulla costa tirrenica antistante alla località ligure. Solo più tardi, nel presentare le sue “vulcaniche pellegrinazioni” in Italia meridionale, Spallanzani avrebbe sottolineato la maggiore specializzazione in ambito geologico e chimico del lungo viaggio alle Due Sicilie, che non comportava comunque la rinuncia ad altri tipi di osservazioni naturalistiche ed alle eventuali riflessioni sugli usi degli abitanti dei luoghi visitati.
Autore/Autrice :
Lazzaro Spallanzani
Titolo :
Parte quarta – Opere edite direttamente dall’Autore (vol. VI) – Edizione Economica
Sottotitolo :
Viaggi alle due Sicilie e in alcune parti dell'Appennino
A cura di :
Ezio Vaccari
ISBN :
9788870003154
Pagine :
436
Uscita :
2006
Formato:
21 x 29
20 disponibili