Al teatro fu dedicata, a Roma nel 1692, la prima opera teorica arcadica, il Discorso di Gian Vincenzo Gravina sull’Endimione di Alessandro Guidi, una pastorale trasformata “alla greca” per la recita accademica in Arcadia, con l’imposizione di strutture tragiche sulla primitiva forma di melodramma con cui era stata scritta per Cristina di Svezia. Attraversando i generi, rifiutando i precetti, investendo i miti di contenuti simbolici Guidi e Gravina collocavano subito la drammatica al centro della riflessione arcadica: sulla conoscenza, sull’etica, sulla politica, sullo stile. A partire da anni che precedono la fondazione dell’Arcadia, ma in un clima già “riformato”, soprattutto per il teatro-a metà fra accademico e professionale-, lavorarono in Lombardia Carlo Maria Maggi e Francesco de Lemene. Per divertire e insegnare, per introdurre verità e realtà, anche attraverso lo strumento del dialetto. E in Emilia per il teatro – dei dilettanti, dei comici, dei cantanti professionisti-e sul teatro, per difendere l’onore letterario italiano colpito dai Francesi, per riformare, per moralizzare, scrissero Ludovico Antonio Muratori, Gian Gioseffo Orsi, Eustachio Manfredi, Pier Jacopo Martello: nobili, uomini nuovi, professori che parlavano dalla cattedra, dal pergamo, dal palcoscenico. Con una nuova etica e un nuovo stile espressivo da trasmettere attraverso le scene e idee diverse del teatro e delle sue funzioni, gli Arcadi operarone su più generi e con variati propositi: spesso accomunò gli uni e gli altri la figura del pastore, personaggio non nuovo della grande tradizione cinquecentesca italiana, ben più che emblema dell’Accademia dell’Arcadia, metafora pregnante del Cristo, del re, del poeta.
Autore/Autrice :
Maria Grazia Accorsi
Titolo :
Pastori e teatro
Sottotitolo :
Poesia e critica in Arcadia
Collana :
Il vaglio
ISBN :
9788870003031
Pagine :
310
Uscita :
1999
Formato:
13 x 21
17 disponibili