Autore/Autrice : Franco Ballardini
Titolo : Swedenborg e il falegname
Sottotitolo : Poetica, teoria e filosofia della musica in Arnold Schönberg
Collana : Strumenti
ISBN : 9788870001211
Pagine : 90
Uscita : 1988
Formato: 11 x 19
5,00 

9788870001211 Franco Ballardini Strumenti

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Sarebbe superfluo presentare questo saggio attraverso un’esposizione delle idee dell’autore. Il contenuto parla da sè, e la sua qualità teorica non ha bisogno di attestati. Può essere opportuno, piuttosto, un accenno alla perplessità che le tematiche qui sviluppate rischiano di sollevare. Oggi sembra quasi d’obbligo premettere ad un discorso su Schonberg un “noch einmals”. “Ancora una volta”: l’espressione riflette una duplice esigenza. Da una parte una richiesta di indulgenza per uno studio che si inserisce in un panorama assai affollato. Dall’altra l’affermazione di una necessità: quella di intervenire ancora sull’argomento, nonostante molto sia stato già detto. Sono numerosi coloro che ritengono esaurite le problematiche legate alla seconda scuola di Vienna, ai suoi protagonisti, alla loro musica ed ancor più alle loro idee. E secondo alcuni la forte corrente di interesse che da tempo ha investito queste problematiche ha finito per deformare l’immagine della storia della musica del Novecento, attribuendo un rilievo eccessivo a settori delle avanguardie storiche che in realtà costituiscono solo una frazione esigua delle esperienze compositive del nostro secolo. Si deve riconoscere che queste osservazioni muovono da un dato reale: in effetti intorno alla “triade viennese”, ed in particolare intorno a Schonberg, è stata eretta una montagna di parole. Ma l’idea di una saturazione del campo, o, peggio, di un interesse ipertrofico che finisce per far velo ad un’adeguata conoscenza di altre prospettive della musica contemporanea, desta non pochi dubbi. Anzitutto la centralità che si vorrebbe contestare o ridimensionare non nasce da un’usurpazione. Se la storiografia musicale tende oggi a dilatare i propri orizzonti, e se ad una storia limitata alla produzione ed alle sue condizioni si affianca una Wirkungsgeschichte, attenta alle ripercussioni, alle implicazioni ed all’incidenza delle opere musicali, il metro quantitativo che vorrebbe limitare il ruolo storico dell’esperienza schonberghiana mostra tutta la sua grossolanità. Ma non si tratta solo di questo. Gli studi sul Novecento musicale dovrebbero affrontare preliminarmente un altro problema metodologico, per certi versi collegato al primo: la circostanza che assai spesso le opere di cui si occupano non possono venir tematizzate come semplici oggetti sonori, come autonome realtà fatte di suoni (o di tracce grafiche che ad essi rinviano), cioè come arte legata prioritariamente alla riproduzione ed all’ascolto. Una tale immagine della musica è comunque inadeguata; diviene però particolarmente fuorviante se riferita ai problematici oggetti che popolano il panorama musicale del nostro secolo. Oggetti che non possono dispiegare compiutamente il loro senso senza riferimento ad un insieme di intenzioni, di poetiche, di teorie esplicitate o da esplicitare. La realizzazione sonora non si identifica con la musica tout court, ma è solo un aspetto di entità significanti costitutivamente inglobate in una serie di idee e di interpretazioni. Il discorso, il commento, l’ermeneutica, divengono un’atmosfera vitale: la musica e la parola che la spiega vivono in un rapporto simbiotico. La presenza, ormai abbastanza consolidata, di alcune opere dei viennesi nel repertorio e nella pratica concertistica non deve alimentare illusioni apologetiche: quella musica, più di tutte, non è in grado di vivere solo nella dimensione dell’esecuzione. Il suo significato postula l’intervento critico, il sostegno della riflessione, dell’analisi, della teoria. È per questo motivo che l’opera di Schonberg, a prescindere da quanto legittima sia la pretesa di costituire un fondamentale punto di coagulo e di snodo nella storia della musica del Novecento, continua a sollecitare il discorso, con una forza che vanifica ogni appello a desistere da una impresa intellettuale troppe volte ripetuta. Testimonianza esemplare della simbiosicon la parola (beninteso non poetica, ma critica o teorica), sarebbe un oggetto alquanto modesto senza il denso alone verbale che la accompagna, e che, non a caso, l’autore per primo volle alimentare con le proprie riflessioni.
Premessa di Antonio Serravezza