Autore/Autrice : Giosue Carducci
Titolo : Chiose e annotazioni inedite all’«Inferno» di Dante
ISBN : 9788870006018
Pagine : 526
Uscita : 2014
Formato: 15 x 23.5
45,00  42,75 

9788870006018 Giosuè Carducci Stefania Martini Edizione Nazionale delle Opere di Giosue Carducci

26 disponibili

Che il testo sia la prima preoccupazione di Carducci commentatore dei classici, è noto; e lo dimostrano ancor più queste chiose e annotazioni private, frammentarie e composite all’Inferno dantesco, con ogni probabilità stratificate nell’arco di un trentennio. Già in una lettera del 1874 a Lidia lo stesso Carducci precisava il suo modus operandi nelle vesti di professore: nelle sue lezioni sui classici era solito scrivere «la sola parte filologica»; per la «parte estetica» si lasciava andare a dire «cose improvvise», ossia, comprendiamo, si affidava ai suoi straordinarî acume logico e talento intuitivo, alla sua erudizione di letterato e alla sua ipersensibilità di poeta. Carducci fece interfoliare con due carte l’Inferno e il Purgatorio dichiarati da Brunone Bianchi (Le Monnier 1854). Nelle carte aggiunte alla prima cantica le facciate annotate sono trecentoundici, le facciate mute centosessantasette.
I canti sono disparmente annotati. Ma le duecentoquaranta pagine del testo a cura del Bianchi – ivi comprese le note – sono pressoché tutte chiosate con varianti in margine, in interlinea, a capo o a piè di pagina, o indicate con riordini numerici soprascritti o riscritte direttamente sulla stampa. E le varianti, se non sono chiosate sul testo, sono spesso annotate nella facciata contigua alla pagina con la tradizione che le tramanda. È possibile individuare qualche affinità nella distribuzione delle chiose e delle annotazioni in tre gruppi di canti. Di necessità sintetizzando, la traccia rilevabile è quella indicata dal poeta nella lettera a Lidia: codici; lezioni molto discusse e/o nuove; fonti dantesche; citazioni intratestuali e intertestuali; riscontri privilegiati con la tradizione latina; confronti interpretativi; attenzione concentrata sull’esegesi antica, e però anche valutazione accorta dell’ermeneutica italiana ed europea ottocentesca. A queste costanti sono da aggiungere, in particolare nella seconda e più annotata serie di canti, le notizie biografiche su alcuni personaggi storici di rilievo; gli excursus geografici nei luoghi in cui geografia e storia si compenetrano illuminandosi a vicenda; il minuzioso spoglio dei dizionarî storici per il significato e l’etimo dei vocaboli arcaici, talora indagati dall’area dei volgari italiani all’area delle lingue romanze. In generale e nei canti più illustrati, infatti, dominano la passione storica di Carducci e il suo preponderante interesse erudito per la lingua. Vi risaltano altresì il rigore e la laboriosità del commentatore variorum, che umilmente registra il fior fiore (o talvolta le scorie) della tradizione esegetica e interviene in prima persona con estrema parsimonia.
Ma poiché gli appunti non erano destinati agli studiosi, essendo didattici, vi è qualche preziosa deroga all’oggettivo metodo variorum, e tali eccezioni ci permettono di cogliere un’eco di quella che fu la viva voce del professore, del polemista, del letterato e dell’erudito dalla cattedra. Ciò avviene soprattutto quando Carducci dichiara in modo diretto di condividere il pensiero di alcuni esegeti, o, viceversa, quando è censore faceto o impietoso degli altrui errori; oppure quando la meraviglia per la potenza dell’arte dantesca si rinnova nel suo animo di poeta; o anche quando il comportamento di questo o quel personaggio stimola la sua vis umoristica come i suoi umori più inquieti e ribelli.

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