Autore/Autrice : Bertazzoni Nelio
Titolo : La mia Modena dalla liberazione al 2000
Sottotitolo : Per fare memoria della città, della chiesa e del laicato
ISBN : 9788870003857
Pagine : 380
Uscita : 2003
Formato: 17 x 24
20,00  19,00 

9788870003857 Bertazzoni Nelio

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Sono ormai tante le storie di Modena, fino al 1945-50, riguardanti, complessivamente o per periodi particolari, il primo secolo (o quasi) dell’Italia unita. Non sono tutte “storie” vere e proprie, perchè per gran parte si tratta di testimonianze e di cronache redatte senza specifici intenti propriamente storiografici. Ma c’è, comunque, quanto basta per dire che, ormai, si può disporre di quanto occorre per una ricostruzione storiografica sufficientemente valida delle vicende modenesi fino ad un mezzo secolo fa. E, tra le tante opere, non sono secondarie, per numero e qualità, quelle stese da animati da cultura cattolica o aventi attenzione al movimento cattolico, sia considerato in sè che nella chiesa locale e nel complessivo tessuto sociale provinciale. C’è ancora troppo poco, invece, specialmente per quanto riguarda il campo cattolico, per l’ultimo cinquantennio, quello in cui la comunità modenese vive, continuando la sua tradizione e ponendosi con disponibilità ed apertura nei confronti del nuovo, una sua particolare molto interessante esperienza. La nostra società provinciale, infatti, è una di quelle che, più rapidamente di tante altre, dopo una intensa e diffusa partecipazione resistenziale (dal’43 al ’45) e social politica (dal ’45 al ’50), realizza un processo di notevole trasformazioni in ogni campo (economico, sociale, politico, culturale e religioso), attuando cambiamenti radicali, a mezzo di un notevole concorso popolare, che non ignora mai una partecipazione numerosa, più o meno consapevole, dei cattolici, esprimentesi come chiesa, come ACI e, semplicemente, come laicato, organizzato o no. È di questo che Nelio Bertazzoni tratta in questo suo lavoro su “città, chiesa, laicato dalla Liberazione al Duemila”, a Modena “per fare memoria”. “Per fare memoria”, dice, non per fare storia. È, infatti, consapevole che, a così breve distanza dai fatti rievocati, molti dei quali vissuti in via diretta, non si può pretendere di fare degli stessi “storia” in senso vero e proprio. Così che il primo merito e pregio del suo lavoro va subito individuato nel non voler essere quello che non poteva essere: non una “storia”, ma, piuttosto una “cronaca”, una cronaca vissuta anche in prima persona, in modo da fargli qualificare come “mia” la Modena di quel cinquantennio.