Autore/Autrice : Matteo Al Kalak
Titolo : Relatio de innovatione ecclesie Sancti Geminiani
Sottotitolo : Storia di una Cattedrale
ISBN : 9788870004137
Pagine : 62
Uscita : 2004
Formato: 17 x 24
15,00  14,25 

9788870004137 Matteo Al Kalak Archivio Capitolare di Modena

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Parlare di un testo di così denso significato come quello della Relatio – nome ormai consueto con cui si designa la Relatio sive descriptio de innovatione ecclesie Sancti Geminiani Mutinensis presulis ac de translatione vel revelatione seu etiam consecratione eius beatissimi corporis a domno Paschali sancte Romane sedis summo pontifice diligenter celebrata, contenuta nelle prime carte del codice O.II.11 della Biblioteca capitolare di Modena – risulta di certo un’impresa che di per sè sola richiederebbe forse lunghi anni di studio e di approfondimento, dovendo poi riscontrare come almeno quattro secoli di ricerche, più o meno raffinate, non siano ancora giunti ad estinguere polemiche e divergenze interpretative, che probabilmente sfuggirono persino alle intenzioni dell’autore di quella breve narratio degli eventi che, tra il 1099 e il 1106, segnarono per la città di Modena l’inizio di un nuovo capitolo. Ma prima di procedere ad una più compiuta analisi della vicenda riguardante in particolare la ricognizione delle reliquie di Geminiano alla presenza di Pasquale II, si dovrà inquadrare la recognitio (o per essere più fedeli al testo la revelatio ) delle spoglie del santo vescovo all’interno di una complessa e, come già detto, controversa narrazione. Dopo l’incipit quasi omiletico (Quia fratres karissimi de vita et moribus… ) del testo – uno degli indizi della probabile appartenenza dell’autore alla cerchia dei clerici – la narrazione pone subito il lettore (o uditore) dinanzi alla fatiscenza della precedente cattedrale (la cosiddetta seconda cattedrale, sorta sul primitivo sito teoduliano), ormai sentita come insicura e inadeguata. Un’assemblea di presbiteri, cittadini, preposti delle varie pievi e militi (non modo prelatorum…sed et civium universarumque plebium prelatorum seu etiam…militum ) decise quindi che fosse ormai necessaria la riedificazione di una nuova e più ampia cattedrale, in cui poter accogliere il corpo di Geminiano. Su questa prima parte della narrazione le voci in realtà sono state molte e non di rado discordi. L’opinione più diffusa – e a nostro avviso più convincente – è quella che vede la nascita della cattedrale lanfranchiana come espressione di una volontà popolare, in buona parte diretta dal Capitolo modenese, inserita nel più ampio respiro delle cattedrali romaniche padane, che in certa misura incarnarono una rinascita spirituale ed economica lenta, ma ormai avviata. Nè del resto si potrebbe diversamente spiegare il sorgere di un progetto così ambizioso, quale l’edificazione di una nuova cattedrale in piena lotta per le investiture, che – negli ultimi trent’anni del sec. XI – vide a Modena la sostanziale mancanza di governo pastorale da parte dell’autorità vescovile, intaccata, da un lato dallo scisma eribertiano e, dall’altro, dall’impossibilità di insediamento effettivo dell’ortodosso Benedetto. L’inasprirsi della lotta per le investiture – lo si ricorda solo per inciso – aveva infatti contrapposto Enrico IV e Gregorio VII, in uno scontro destinato a risolversi negli anni successivi, con l’ingresso in scena – tra gli altri – della contessa Matilde di Canossa. Eriberto, vescovo di Modena dal 1056, si schierò di fatto dalla parte dell’imperatore Enrico, cui nel 1077 aveva offerto armi e aiuti, e nel 1080 non esitò a riconoscere l’antipapa Clemente III, subendo nel 1081 la conseguente scomunica pontificia. Al suo posto venne nominato Benedetto, che trovò un’opportuna sede nel castello di Savignano, senza però mai riuscire ad insediarsi in città, dove avrebbe invece potuto esercitare un controllo effettivo sul territorio diocesano. Come in questo clima si sarebbe potuta pianificare l’edificazione di una nuova cattedrale da parte dell’episcopio modenese non è ben comprensibile. Più plausibile pare invece l’ipotesi di una fondazione per così dire “popolare” del duomo modenese, che avrebbe focalizzato su di sè l’impegno e gli sforzi delle varie componenti sociali del presbiterium (costituito in questo caso anzitutto dal Capitolo cittadino), ai cives (identificabili con la nascente borghesia modenese), ai milites (rappresentanti della nobiltà locale). Quindi attorno alla cattedrale – e lo si riscontra icasticamente nell’ultima delle quattro miniature che accompagnano la Relatio – si realizza “un momentaneo equilibrio tra forze assai diverse ed in conflitto tra loro, realizzato in nome del fattore religioso unificante, costituito dal culto per il santo patrono cittadino”